Fausto Pirandello (Roma, 1899 – 1975)

Calogero Fausto nasce a Roma il 17 giugno 1899, terzogenito di Luigi Pirandello e Maria Antonietta Portolano. Il fratello Stefano, che seguirà le orme paterne, firmando i propri lavori teatrali e i romanzi con lo pseudonimo Stefano Landi, era nato a Roma nel 1895; la sorella Lietta nel 1897. Il primo nome, Calogero (Lulù), è un omaggio al suocero, Calogero Portolano, mentre il secondo nome, Fausto, destinato poi a prevalere, è scelto in onore di Goethe e riflette l’amore di Luigi Pirandello per la cultura tedesca.

Sebbene vivano a Roma, i genitori sono entrambi siciliani perciò durante l’infanzia e la giovinezza Fausto trascorre con la famiglia lunghi periodi di villeggiatura tra Porto Empedocle e la casa di campagna al Caos, presso Girgenti (oggi Agrigento), dove Luigi è nato. Di questi luoghi conserverà sempre, anche nei suoi quadri, il ricordo dei colori caldi, bruciati, della terra, dell’abbacinante luce meridiana e dell’azzurro splendente del mare.

La Grande Guerra

La Grande Guerra

Nel 1917 con gli altri “ragazzi del ‘99” riceve la chiamata alle armi e deve interrompere gli studi classici, ma non viene inviato al fronte per motivi di salute. Il fratello Stefano, invece, partito per la guerra già nel 1915 viene fatto prigioniero. Tornerà a casa solo alla fine del 1918.

Intanto al principio del 1918 Fausto entra nello studio romano del celebre scultore palermitano Ettore Ximenes per imparare “l’abici della scultura”, ma siccome la creta gli irrita i polmoni, ben presto è costretto a lasciare la scultura per dedicarsi alla pittura. Il padre gli aveva consigliato di fare lo scultore perché, con vivo senso pratico, riteneva che avrebbe avuto maggiori opportunità di lavoro, ma quando il figlio sceglie la pittura non lo ostacola, anzi lo incoraggia e lo sostiene sia moralmente sia economicamente.

Il suo primo maestro, a parte lo stesso Luigi, che fin da bambino durante la villeggiatura, Fausto osservava dipingere con ammirazione, è il prussiano Sigmund Lipinsky, pittore ed incisore simbolista, presso la cui “scuola severissima” segue per alcuni anni un corso di disegno.

Gli esordi

Gli esordi

Nel 1919 la madre, da tempo affetta da disturbi psichici, si aggrava e viene ricoverata a Roma, a Villa Giuseppina, una casa di salute in via Nomentana dove resterà fino alla morte, avvenuta nel 1959.

Al principio del 1921, appena ventiduenne e ancora sconosciuto, Fausto realizza la xilografia per la copertina dell’edizione delle Novelle per un anno di Luigi Pirandello, pubblicata dall’editore fiorentino Bemporad a partire dal 1922 in quindici volumetti.

Pompilia D’Aprile

Pompilia D’Aprile

Nel 1922 si iscrive alla Scuola d’Arte agli Orti Sallustiani, fondata a Roma da Orazio Amato, Felice Carena e Attilio Selva. Ha per compagni di studio Emanuele Cavalli, Onofrio Martinelli e Giuseppe Capogrossi. Attraverso Amato, Carena e Selva scopre anche Anticoli Corrado, piccolo borgo arcaico nell’Alta Valle dell’Aniene, famoso come “il paese degli artisti e delle modelle”, dove ha il suo primo atelier e conosce la modella Pompilia D’Aprile (1898-1977), che diverrà sua moglie.

I primi successi

I primi successi

Nel 1925 si presenta al pubblico per la prima volta, a quasi ventisei anni, alla III Biennale Romana, esponendo un quadro di Bagnanti, un tema che, insieme a quello della natura morta, lo accompagnerà per tutta la vita. L’anno dopo partecipa alla Biennale di Venezia, dove tornerà ad esporre con continuità dal 1932 al 1942. Intanto nel 1925 Luigi, con il figlio Stefano, Orio Vergani e altri, ha fondato la Compagnia del “Teatro d’Arte” di Roma, di cui assume la direzione artistica. Viene scritturata l’attrice Marta Abba, che per anni resterà accanto a Luigi.

Nel febbraio del 1928 Fausto si stabilisce a Parigi con Pompilia. E’ quasi una fuga dal padre, che ignora il matrimonio e la nascita del nipote Pierluigi, avvenuta il 5 agosto 1928 nella capitale francese.

Nella cosmopolita capitale francese Fausto frequenta il gruppo degli Italiens de Paris (soprattutto de Chirico e de Pisis) e completa la sua formazione artistica a contatto con le opere di Cézanne, dei Cubisti (Picasso, Braque e Derain) e dei Surrealisti. Nel marzo del 1929 ha la sua prima mostra personale alla Galerie Vildrac e in novembre ha una personale a Vienna. Il pittore predilige ora una materia pittorica spessa, che accentua fisicamente la plasticità dell’immagine.

I primi anni Trenta

I primi anni Trenta

Nel marzo del 1930 torna definitivamente a Roma, con Pompilia e il piccolo Pierluigi, della cui esistenza Luigi viene informato quasi due anni dopo la nascita. A Roma si stabilisce in un appartamento al sesto piano di un palazzo umbertino al n. 5 di via Augusto Valenziani, all’interno delle Mura Aureliane, tra piazza Fiume e via XX Settembre, non lontano da via Nomentana. Lo studio si trova all’ultimo piano, sul terrazzo condominiale (con vista sui tetti di Roma). Vi si accede dall’abitazione salendo una ripida scala di legno raffigurata nel celebre dipinto La Scala (1934), esposto nel 1934 alla XIX Biennale di Venezia e più tardi acquistato dai coniugi Gualino.

Nel maggio del 1931 tiene la sua prima personale italiana presso la Galleria di Roma. L’anno dopo espone alla III Sindacale del Lazio undici opere, tra le quali Interno di mattina (Parigi, Centre Georges Pompidou), presentata poi nel 1933 nella personale milanese allestita alla Galleria Milano. Tra i lavori esposti la grande composizione Il Remo e la pala (1933; Milano, Museo del Novecento) viene acquistata per la Pinacoteca del Castello Sforzesco.

Nel 1934 sulla rivista “Quadrivio” Roberto Melli gli dedica un importante scritto nel quale sottolinea l’originalità cromatica del suo “tonalismo” e lo definisce il “principe del grigio”. L’articolo ricorda tra i suoi collezionisti romani: Corrado Alvaro, Ercole Maselli e Telesio Interlandi; tra i milanesi: Margherita Sarfatti e Arturo Martini. Nello stesso anno il padre riceve il premio Nobel per la letteratura.

Una tappa fondamentale nell’affermazione pubblica è la partecipazione, con una sala personale, alla II Quadriennale romana (1935), dove espone fra l’altro Il bagno e Pioggia d’oro (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna), opere pervase da un senso di inquietudine e sospensione metafisica.

La seconda metà degli Anni Trenta e la guerra

La seconda metà degli Anni Trenta e la guerra

Il 10 dicembre 1936 muore Luigi e il 18 gennaio 1937 nasce a Roma il secondogenito Antonio.

In questi anni sue opere sono presenti in prestigiose rassegne collettive in Italia e all’estero (Vienna, San Francisco, Parigi, Londra, Pittsburgh, New York). Nel 1938 tiene una personale di disegni alla Galleria della Cometa a Roma, presentato dal poeta Corrado Alvaro, che lo definisce: “un pittore di drammi”. Nel 1939 ha di nuovo una sala personale alla Quadriennale romana e vince, come già nell’edizione precedente, il terzo premio. Espone opere che appaiono cariche di presentimenti di imminenti sciagure, quali La TempestaSiccità (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna), Pastori o la tragica e sensuale umanità che popola le sue spiagge riarse dal sole.

Nonostante le difficoltà della guerra nei primi anni Quaranta ottiene una serie di successi espositivi importanti, come il primo premio alla II Mostra dello Sport (1940), le personali nella sala delle Mostre d’Arte alle Terme di Roma (1941), a Milano, presso la Galleria Gian Ferrari (1942), dove tornerà ad esporre di frequente, ancora a Roma presso la Galleria del Secolo (1944 e 1947).

Il Dopoguerra

Il Dopoguerra

Nel dopoguerra intensifica l’attività espositiva e dal 1948 riprende a partecipare con regolarità alla Quadriennale di Roma e alla Biennale di Venezia. Sempre nel 1948 acquista a Grottaferrata, nella zona dei Castelli Romani, una casa in campagna (oggi detta Villa Pompilia), dove per una decina di anni trascorre con la famiglia i periodi estivi e i fine settimana. All’interno della proprietà, e poco distante dall’edificio di abitazione, il pittore realizza il proprio atelier sopra un’antica costruzione romana.

Nel 1949 esce la voce a lui dedicata redatta dal poeta Emilio Villa per la Enciclopedia Italiana della Treccani. Nel 1950 il pittore e critico d’arte Virgilio Guzzi, che da anni lo segue con attenzione, pubblica la prima monografia. Lo stesso anno vince il Premio Taranto e nel 1951 allestisce a Roma, nelle sale di Palazzo Barberini, la sua prima antologica, introdotto da Fortunato Bellonzi; nell’autopresentazione in catalogo dichiara l’intenzione di “ridurre il quadro alla luce, verso il colore”. Sono gli anni del dibattito tra astrazione e figurazione, forma e contenuto; Pirandello ricerca un difficile equilibrio tra i due termini opposti. Nel 1952 ottiene il primo premio alla VI Quadriennale. Intanto ha conosciuto Lionello Venturi, rientrato dall’esilio americano. Nel 1954 il saggio che il critico pubblica su “Commentari” consolida la sua fama. A proposito della produzione recente Venturi osserva: “E’ molto sintetico e nello stesso tempo abbandonato alla natura, è astratto e concreto, e soprattutto grandioso”. Quello stesso anno lascia l’abitazione di via Augusto Valenziani per trasferirsi con la famiglia in un appartamento in un bel villino liberty al n. 28 di via degli Scialoja, all’altezza del lungotevere Arnaldo da Brescia, appena fuori piazza del Popolo. Qui, in un ampio e luminoso stanzone, allestisce il proprio studio.

Gli ultimi anni

Gli ultimi anni

Nel 1955 tiene una personale a New York nella galleria di Catherine Viviano. Ma il mancato riconoscimento alla Biennale di Venezia del 1956 – il primo premio va infatti ad Afro – lo amareggia profondamente. La delusione lo condurrà ad essere pessimista riguardo alla possibilità che la sua pittura venga davvero compresa.
Nella seconda metà degli anni Cinquanta e nei due decenni successivi, accompagnato dal giudizio critico di Virgilio Guzzi, Fortunato Bellonzi, Lionello Venturi, Nello Ponente, Raffaele Carrieri e Antonello Trombadori, espone le sue opere in numerose ed importanti personali e colletive in Italia e all’estero, ottenendo molti riconoscimenti: nel 1957 il Premio del Fiorino, nel 1960 è tra i pittori della “Scuola Romana” premiati alla VIII Quadriennale, nel 1964 il Premio Michetti, nel 1967 il Premio Villa.
Durante un’intervista, nel 1969, al giornalista che osserva che nei suoi ultimi quadri si nota un ritorno alla realtà oggettiva, risponde precisando: “Veramente io non mi sono mai discostato da un riferimento alla realtà, anche se, anzi proprio perché la realtà è l’invenzione che ciascuno di noi fa del mondo che percepisce”.

Muore a Roma il 30 novembre del 1975 nella clinica Pio XI. E’ sepolto nel Cimitero Flaminio (Prima Porta).
Associazione Fausto Pirandello

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